Dall’inizio al 5 aprile 1985, quando il sogno divenne realtà.
L’inizio di una grande passione
Il binomio formato tra Gian Carlo Minardi e le Automobili dura da sessant’anni, da quell’ormai lontano 18 Settembre 1947 quando veniva al mondo il primogenito di Giovanni Minardi e Elena Marina.
Dopo essersi diplomato in ragioneria nel 1966, Gian Carlo inizia a lavorare insieme alla mamma nella gestione dell’azienda di famiglia: la concessionaria FIAT “Giuseppe Minardi & F.lli” fondata nel 1927 da Giuseppe, Vincenzo e Luigi Minardi. Fin dall’inizio si capisce che le intenzioni del giovane faentino sono molto diverse e nel 1967 partecipa ad alcune gare di rally al volante di una “124”, ma in seguito ad uno spettacolare incidente mentre era al volante della Formula 850 – per fortuna senza conseguenze – decise di abbandonale l’idea di diventare un grande pilota da corsa dedicandosi così alla famiglia e l’11 Aprile 1970 convola a nozze con Mara, dalla quale il 6 novembre 1974 nascerà Giovanni Minardi.
Giancarlo Martini – Foto tratta da: Minardi Team F1 di Stefano Pasini, Ed. C.E.L.I. Sport
Nel 1972 il Dottor Alteo Dolcini, l’allora Segretario Generale del Comune di Faenza ed amministratore della società del Passatore, decise di convocare il venticinquenne Minardi per affiancarlo a Giovanni Liverani e suo figlio Franco nella gestione della Scuderia del Passatore.
Gian Carlo accetta senza esitare questo importante ruolo mettendosi subito al lavoro, nonostante i suoi impegni all’interno della concessionaria di famiglia. La prima decisione di Gian Carlo Minardi è quello di iniziare dalla “scuola media” delle corse, la F. Italia, il campionato caratterizzato da monoposto costituita da telai in tubi, ruote e motori – FIAT 1800 – uguali per tutti i team. Contemporaneamente comunque continua l’impegno della Scuderia del Passatore anche nel Campionato di F.3 con Massimo Ciccozzi alla guida della Brabham motorizzata Alfa Romeo.
Il primo pilota “targato” Gian Carlo Minardi è dunque Giancarlo Martini e i frutti della nuova gestione non tardano ad arrivare con Martini che si classifica al secondo posto nel Campionato Nazionale di F.Italia.
La stagione successiva è invece l’anno della consacrazione per Martini e per la scuderia diretta da Minardi che vinse il Campionato conquistando 14 successi su un calendario composta da 22 appuntamenti – 10 allori per Martini e 4 per il compagno di scuderia Leoni – con 6 secondi posti. Questi importanti risultati portarono l’attenzione del patron della ditta per accessori per auto Everest, il Commendatore Angelo Gallignani, nei confronti della Scuderia del Passatore che decise di appoggiare gli sforzi della Scuderia del Passatore con un’importante sponsorizzazione per la stagione successiva. Questa nuova collaborazione permise a Gian Carlo Minardi e al team di fare il salto di qualità e di iscriversi così anche al campionato di F.2.
La stagione in F.Italia però non va come si era previsto infatti, nonostante una grandissima partenza da parte della giovane promessa Lamberto Leoni, il titolo sfumò in favore di Brancatelli in seguito ad una bandiera nera
Giancarlo Martini, Gian Carlo Minardi, Lamberto Leoni, Nonno Martini, Giovanni Liverani con la Ferrari B3 a Misano – Tratta da: Minardi Team F1 di Stefano Pasini, Ed. C.E.L.I. Sport
Il 1974 è un anno molto importante per la carriera di Gian Carlo Minardi, i cui risultati erano stati notati da Enzo Ferrari che, nel novembre dello stesso anno, convocò il giovane faentino per conoscerlo personalmente e affidargli una sua monoposto di F.1 per far fare esperienza alle giovani promesse del vivaio italiano. L’accordo tra il “Drake” e Gian Carlo Minardi prevedeva, oltre all’utilizzo della Ferrari F.1 B3 per testare le giovani leve sugli autodromi di Santa Monica di Misano e “Dino Ferrari” di Imola, anche la possibilità di poter usufruire della pista di Fiorano per i collaudi della Scuderia del Passatore F.2 con i driver Serblin e Leoni.
Il 1975 diventa dunque una stagione molto impegnativa per Minardi che, oltre a dover gestire la Scuderia impegnata nei Campionati Nazionale F. Italia ed Europeo di F.2, si trova tra le mani anche una Ferrari B3 per importanti sessioni di test sul tracciato di Misano; il tutto con la medesima struttura operativa.
Come se questo non bastasse Gian Carlo continuava a lavorava 6 ore al giorno all’interno della concessionaria di famiglia.
I portacolori della scuderia per la nuova stagione in F.2 furono Leoni e Martini a cui vengono affidate le monoposto March spinte dal propulsore tedesco della BMW a 4 cilindri: la stagione iniziò subito in modo positivo con il bel terzo e sesto posto della coppia Leoni-Martini nel gran premio del Portogallo e del nuovo podio in Thruxton con il solito Martini. Con il proseguo della stagione purtroppo i risultati iniziarono a calare e molti piloti si susseguirono al volante della March al fianco del sempre veloce Giancarlo Martini.
La presentazione della Scuderia del Passatore nel 1975 Da sinistra verso destra: Ing. Forghieri, Ezio Pirazzini, Dott. Gozzi, Gian Carlo Minardi, Maurizio Flammini. – Tratta da: Minardi Team F1 di Stefano Pasini, Ed. C.E.L.I. Sport
Dopo gli altri e bassi nella stagione passata, il 1976 è l’anno della nuova consacrazione della Scuderia del Passatore e di Giancarlo Martini che, al volante della March-BMW vanno alla conquista dell’alloro nel Campionato Italiano di F.2. In seguito a questi successi Gallignani decise di aumentare il proprio appoggio denominando così il team “Scuderia Everest S.r.l”.
I buoni risultati messi in mostra dai giovani piloti italiani convincono Gian Carlo Minardi ad iscrivere nel 1977 la Scuderia Everest nel Campionato di F.2 e di mettere quindi sotto contratti i driver Gianfranco Brancatelli e Lamberto Leoni, affidandogli le monoposto con telaio RALT e spinte dai potenti propulsori prodotti dalla casa del cavallino rampante denominati “Dino” da due litri a sei cilindri. Sulla griglia di partenza anche un certo Riccardo Patrese che, fresco vincitore del titolo europeo di F.3, si era accordato con Trivellato. La stagione, nonostante gli alti e bassi, si concluse comunque in modo positivo.
Elio De Angeli – Foto tratta da: Minardi Team F1 di Stefano Pasini, Ed. C.E.L.I. Sport
Anno nuovo, nuove monoposto e nuovi piloti.
Il 1978 vede il team faentino ancora impegnato nel campionato di F.2, ma questa volta con due monoposto Chevron spinte da due propulsori diversi: un Ferrari per Elio De Angelis e un BMW per Michelangel Guerra. I dissapori di De Angelis per le prestazioni fornite dal propulsore Ferrari portarono a grandi discussioni, che culminarono con l’appiedamento dello stesso pilota in occasione del gran premio di Rouen: il sedile lasciato libero da De Angelis fu così preso da Guerra fino alla fine della stagione, mentre la seconda monoposto venne affidata per alcune gare ad un certo Clay Regazzoni.
Guerra con la March-BMW, affiancato ad alcuni piloti, tra i quali Clay Regazzoni e Ferrante Ponti.
Siamo ormai molto vicino alla grande svolta per Gian Carlo Minardi e alla nascita del mito Minardi, appassionando milioni di fans sparsi in tutto il mondo, che hanno seguito le sue avventure dalla F.2, fino al grande debutto nel circus della F1…. ma questa è un’altra storia…
Nasce il Team… inizia il Mito Minardi
Dal 1972 fino a quel momento – siamo nel 1979 – Gian Carlo Minardi aveva gestito scuderie e monoposto che portavano il nome di altri proprietari: prima la Scuderia del Passatore e successivamente la Scuderia Everest S.r.l.
Con il 1980 la situazione però cambiò drasticamente infatti, in seguito alla cessata sponsorizzazione da parte di Angelo Gallignani, Gian Carlo Minardi decise di raccogliere tutta l’eredità della squadra che aveva gestito fino al giorno prima per dar vita ad proprio team: nasceva così il Minardi Team.
Gian Carlo Minardi decise quindi di apportare dei cambiamenti all’interno della struttura della sua nuova scuderia, chiamando a lavora al suo fianco gli ingegneri Franco e Giacomo Caliri e Luigi Marmiroli, mentre come logo del Minardi Team fu scelto un parallelogramma blu diviso in rombi con le lettere gialle al suo interno e una bandiera tricolore in basso a sinistra.
Minardi G.M. 75 – Foto tratta da: Minardi Team F1 di Stefano Pasini, Ed. C.E.L.I. Sport
Il nuovo Minardi Team era stato assembrato per partecipare al Campionato Europeo di F.2 e visto che le March motorizzate BMW usate fino a quel momento non avrebbero potuto garantire la giusta competitività, Gian Carlo Minardi decise di sfruttare l’esperienza del “Fly Studio” – creato da Giacomo Caliri e Luigi Marmiroli – per modificare e migliorare le due vetture. Ben presto si resero conto che i costi per un’operazione del genere sarebbero stati troppo elevati per una piccola scuderia dalle risorse limitate, in rapporto all’effettivo guadagno in termini prestazionali e, così Minardi giunse alla conclusione di dare vita alla prima monoposto costruita completamente ex-novo. Nasceva quindi la G.M. 75, la prima monoposto di Gian Carlo Minardi, progettata dagli Ingegneri Caliri e Marmiroli con il quale il Minardi Team affrontò la prima gara nel 1980.
L’organigramma della nuova società vedeva Gian Carlo Minardi nella figura di direttore generale ed amministrativo, Caliri responsabile del Minardi Team e Marmiroli direttore tecnico. Sul fronte piloti si era invece deciso di affidare una monoposto G.M. 75 ad un unico driver per l’intera stagione di F.2, Michelangel Guerra che aveva già corso per Minardi ai tempi della scuderia Everest. La seconda vettura invece era stata predisposta per diversi piloti nel corso della stagione, come Beppe Gabbiani e Bruno Corradi. Inoltre per alcune gare fece il suo debutto il campione motociclistico Johnny Cecotto.
Quella del 1980 fu un’annata di apprendistato, sia per via della monoposto completamente nuova sia per il team stesso, che vide comunque la conquista a fine stagione del 9° posto in classifica generale da parte di Guerra.
Grazie a questi risultati la stagione successiva poteva partire sotto ottimi auspici, mettendo in pratica l’esperienza accumulata nella stagione d’esordio. Per la nuova avventura Gian Carlo Minardi fece ricorso alla sua fama di talent scout, mettendo sotto contratto Johnny Cecotto, che aveva ben figurato durante i gran premi a cui aveva preso parte proprio con il team giallo-blu, e un giovane ancora poco conosciuto: Michele Alboreto.
La nuova monoposto, battezzata con il nome di “Minardi Fly M 281” fu nuovamente firmata dal genio costruttivo di Caliri – Marmiroli e spinta dal collaudato propulsore tedesco della BMW preparato da Heini Mader.
Fin dai primi collaudi in pista ci si rese conto dai riscontri cronometrici della bontà del nuovo telaio e i risultati in gara non tardarono ad arrivare, grazie anche alle grandi doti di guida di Alboreto: al terzo posto nel gran premio di Thruxton ne seguì immediatamente un altro, questa volta sul circuito italiano di Pergusa.
Gli ottimi risultati in pista però erano in contrasto con le difficoltà economiche che stava attraversando la scuderia, infatti ancora nessun finanziatore si era fatto avanti per appoggiare gli sforzi della scuderia faentina, tanto da convincere Gian Carlo Minardi ad abbandonare l’attività sportiva dopo l’ennesima corsa senza finanziamenti. Proprio quanto tutto sembrava finito per sempre, un noto industriale si fece avanti per legare il proprio marchio a quello di Minardi, riportando grande fiducia all’interno della scuderia che si rimise immediatamente al lavoro per preparare al meglio i successivi impegni. Il duro lavoro e gli sforzi intensi furono subito ripagati grazie al fantastico successo firmato Michele Alboreto sul circuito di Misano Adriatico. Era la prima vittoria per il neonato Minardi Team.
Minardi Fly M 281 – Foto tratta da: Minardi Team F1 di Stefano Pasini, Ed. C.E.L.I. Sport
La grande competitività del pilota milanese aveva però lasciato impreparato il suo compagno di scuderia che, convinto dell’esistenza di favoritismi per via della nazionalità, decise di abbandonare il Minardi Team a metà stagione per trasferirsi al team Toleman, dove però si trovò come compagno di scuderia un certo brasiliano che di nome faceva Ayrton e di cognome Senna.
Il sedile lasciato libero da Cecotto fu preso per il resto della stagione da diversi piloti ingaggiati gara dopo gara. Con la conclusione della stagione Michele Alboreto decise di non continuare la collaborazione con Minardi e di fare il salto di categoria.
Il nuovo logo del Minardi Team insieme ai nomi dei piloti – Foto tratta da: Minardi Team F1 di Stefano Pasini, Ed. C.E.L.I. Sport
Gian Carlo decise quindi di puntare per il nuovo anno – siamo nel 1982 – nuovamente sui giovani talenti italiani, firmando con Alessandro Nannini proveniente dalla F.Italia e Paolo Barilla. Sul lato motori Minardi si rivolse nuovamente a Enzo Ferrari, per poter acquistare il materiale rimasto inutilizzato relativo al progetto “Dino F.2” (propulsori, pezzi di ricambio, disegni e molto altro ancora). Dopo alcune riunioni il “Drake” acconsentì, preparando un autotreno pieno di materiale prezioso che Minardi fece arrivare nel quartier generale del Minardi Team a Faenza, dove si mise a studiare un modo per poter sfruttare al meglio ogni singolo mezzo. Decise, insieme ai suoi collaboratori, di cercare di spremere il più possibile il 6 cilindri di Maranello per portarlo ad una potenza superiore a quella erogata dai BMW: tale compito fu quindi affidato a Bertoni Tonino di Piangipane (l’allora capo-meccanico e preparatore dei propulsori e, successivamente, fondatore dell’attuale Team BVM insieme a Vannini Bruno e Mazzotti Giuseppe) e agli ingegneri Caliri e Marmiroli, i quali riuscirono a tirare fuori fino a 326 CV, contro i 310/320 del BMW. A questo punto poteva iniziare la progettazione delle due Minardi-Ferrari M 282.
In attesa che le monoposto fossero completate, il Minardi Team decise di iniziare la sua terza stagione in F.2 con le “Fly M 281B – BMW” con l’accordo che, una volta pronta la macchina motorizzata Ferrari, questa sarebbe stata affidata a Paolo Barilla.
I collaudi della nuova vettura targata Minardi iniziarono nel mese di febbraio sulla pista di Fiorano, ed i due giovani portacolori si misero subito in evidenza segnando tempi di assoluto rilievo riuscendo anche a battere il record di categoria fatto segnare da Michele Alboreto l’anno prima.
L’inesperienza dei piloti, unita alla crescita degli avversari del calibro di Spirit-Honda, Maurer-BMW, TALT-Honda, Toleman, però si fece sentire durante i gran premi e questo non permise ad un forte quanto ben organizzato Minardi Team di migliorare i risultati ottenuti nel 1981. Questo portò nuovamente ad un momento molto critico dovuto alla nuova difficoltà finanziaria che aveva portata ad un grande indebitamento. Fortunatamente arrivò un nuovo socio, Piero Mancini, ma nel 1983 Luigi Marzolini decise di abbandonare il Minardi Team per intraprendere l’avventura in F.1 con l’Alfa Romeo e, con lui, anche Franco Caliri lasciò Minardi. Il progetto legato allo sviluppo del propulsore Ferrari dovette quindi esser abbandonato a causa della mancanza di risorse finanziarie.
Fly M 281B – BMW – Foto tratta da: Minardi Team F1 di Stefano Pasini, Ed. C.E.L.I. Sport
Nonostante i problemi societari, nel 1983 Minardi decise di iniziare gli studi per la costruzione di monoposto con telai costituiti da materiali semilavorati. Si passò quindi dall’alluminio rivettato alle cosiddette “strutture miste”, fino ai materiali compositi quali Carbonio e Kevlar.
La “M 284” portava con sé proprio questa tecnologia e fu completata per la fine del 1983, stagione vissuta tra alti e bassi nel Campionato di F.2.
La volontà di realizzare una vettura così sofisticata non era altro che una scusante per acquistare quell’esperienza necessaria a fare il grande passo verso la Formula 1.
Da qualche tempo ormai Gian Carlo aveva in mente solo una cosa: portare il suo Minardi Team nella massima serie dell’automobilismo sportivo, nonostante fosse a conoscenza di tutte le difficoltà che una scelta del genere avrebbe comportato. Ad esempio il Minardi Team non aveva nessuno sponsor multimiliardario alle spalle che potesse coprire le spese per la realizzazione della prima F.1 tutta romagnola. Dall’altro lato bisogna comunque considerare che la scuderia era ormai composta da 22 persone, i costi stavano aumentando in maniera vertiginosa e quindi bisognava trovare nuovi fondi. Nel 1984 venne quindi presa la decisione di entrare in F.1 e il debutto fu fissato per l’anno successivo, il 1985.
Il nuovissimo logo del Minardi Team disegnato da Gian Carlo Minardi
In quegli ultimi anni inoltre il Minardi Team aveva anche cambiato il proprio logo, visto che quello usato fino a quel momento non era adatto agli affilati musetti. Gian Carlo decise quindi di prendere un vecchio blasone di famiglia costituito da un leone con la coda a doppia punta (era anche il simbolo della città di Faenza) e una spada verde rivolta verso il basso su sfondo nero e iniziò a modificarlo: lo sfondo divenne quindi blu, il leone giallo con la punta della spada che venne rivolta verso l’alto, aggiunse un tricolore in basso e, il tutto, fu racchiuso in un trapezio con la base maggiore verso il basso.
1985: Il sogno diventa realtà
Nel 1984 Gian Carlo Minardi era riuscito ad accumulare un grande bagaglio professionale come Team Manager e il suo Minardi Team aveva attirato grande attenzione su di sé, nonostante i risultati ottenuti fino a quel momento non avessero ripagato pienamente gli sforzi. Da qualche anno ormai Gian Carlo Minardi pensava al grande salto di categoria, alla Formula 1, a quel mondo dove anche i più grandi e potenti personaggi erano andati in contro a numerose difficoltà per via degli elevati costi. Questo però non fermò Minardi che fissò per l’anno successivo il debutto nella massima serie, decidendo di andare avanti nonostante la mancanza di uno sponsor miliardario alle spalle che potesse finanziare la nascita della F1 romagnola: supporter che andavano trovati strada facendo, anche perché ormai il Minardi Team era composta da 22 persone, troppi per un F.2 ma pochi per l’avventura in F.1 e quindi bisognava trovare nuovi finanziatori, i quali erano però interessati solamente alla massima categoria.
In vista del debutto Minardi decise quindi di andare a fare un’offerta all’Alfa Romeo per rilevare la sua scuderia di F.1 che non stava vivendo certamente un periodo particolarmente felice a causa degli scarsi risultati sportivi e degli elevati costi di gestione. Gian Carlo chiese un appuntamento con l’allora presidente dell’Alfa Romeo, il dott. Massacesi per esporgli di persona il suo progetto, il quale inizialmente acconsentì la fornitura dei propri propulsori. In seguito a questo accordo il costruttore faentino gettò anima e cuore per preparare la nuova avventura riorganizzando la propria scuderia. La prima monoposto del Minardi Team, completata già all’inizio dell’estate, era caratterizzata da una scocca in sandwich di Aviolan con interposta fibra di carbonio e Kevlar, pance alte per consentire un maggior raffreddamento e un migliore posizionamento dei radiatori e da un’ala posteriore triplano con due flap laterali; cuore pulsante ovviamente l’otto cilindri turbo targato Alfa Romeo. Il nome di battessimo ovviamente non poteva che essere “M184”. Vettura e motore furono affidati al talento di Alessandro Nannini che percorse 2.000 km. Quando ormai tutto sembrava pronto per partire arrivò la doccia fredda, una di quelle notizia che uno non vorrebbe mai ricevere: Massacesi comunicò a Gian Carlo Minardi che l’accordo era saltato e che quindi la M184 non avrebbe avuto i motori Alfa per la nuova stagione.
Una fase della costruzione della scocca della “M 184 Alfa Romeo” – Foto tratta da: Minardi Team F1 di Stefano Pasini, Ed. C.E.L.I. Sport
Alessandro Nannini in azione – Foto tratta da: Minardi Team F1 di Stefano Pasini, Ed. C.E.L.I. Sport
A quel punto, capito che l’Alfa Romeno non sarebbe mai tornata sui proprio passi Gian Carlo Minardi iniziò a guardarsi intorno in cerca di una soluzione, visto che ormai era troppo tardi per tornare indietro e la stagione stava per iniziare.
La scelta cadde quindi sui propulsori aspirati Ford-Cosworth, molto più pesanti e meno performanti dei turbocompressi della casa milanese. I tecnici quindi si misero subito al lavoro per modificare la vettura che doveva ospitare il motore inglese. A complicare ulteriormente il debutto del Minardi Team in F.1 fu la questione pilota: il portacolori per questa nuova avventura doveva essere il velocissimo Alessandro Nannini il quale però non possedeva ancora la super licenza per correre nel massimo campionato. Per ottenerla infatti avrebbe dovuto conquistare un certo numero di punti FIA e, alla fine della stagione del 1984, non ce la fece per appena un punto.
Super licenza che invece era riuscito a conquistare a suon di vittorie e belle prestazioni da un certo Pierluigi Martini, nipote di Giancarlo Martini che aveva corso con Minardi durante gli anni della Scuderia del Passatore.
La nuova avventura poteva quindi avere inizio anche se l’idea di dover utilizzare i vecchi Cosworth era poco allettante.
Contemporaneamente il socio di Gian Carlo Minardi Piero Mancini, dopo dato vita ad una sua azienda denominata “Motori Moderni” aveva chiamato a lavorare con sé l’Ing. Chiti, il quale si mise al lavoro per progettare un nuovo propulsore per la F.1 sovralimentato: si trattava di un 6 cilindri a V 90°, 1498.9 cc di cilindrata, due turbocompressori KKK da 720 CV che, una volta ultimato, venne installato sulla “M 185”, la versione modificata dalla prima monoposto targata Minardi Team.
Il 7 Aprile 1985 prende così il via in Brasile la prima stagione in F.1 del Minardi Team con la M 185 dotata ancora del Ford – Cosworth in quanto si decise di far debuttare il nuovo propulsore turbocompresso Motori Moderni solamente dalla terza tappa, in occasione del gran premio di San Marino sullo storico tracciato di Imola.
Presentazione della nuova “M 185” davanti la nuova sede in via. Spallanzani, 21. Al volante Martini, Gian Carlo Minardi seduto sulla ruota davanti e l’Ing. Caliri sulla posteriore – Foto tratta da: Minardi Team F1 di Stefano Pasini, Ed. C.E.L.I. Sport
Pierluigi Martini in azione con la sua “M 185 Motori Moderni” al Gp di Germania – Foto tratta da: Minardi Team F1 di Stefano Pasini, Ed. C.E.L.I. Sport
“In quei momenti si andava con l’entusiasmo – ricorda Gian Carlo Minardi con un sorriso – era in coronamento di un sogno che diventa realtà, per di più in Brasile, a Rio de Janeiro che per natura è già allegra e ti permette di sopportare meglio le difficoltà e lo stress dovuto la primo gran premio. Per noi era tutto nuovo, eravamo un po’ allo sbaraglio nel senso che non c’era la tecnologia, eravamo gli ultimi arrivati e avevamo l’ultimo box con pochi ricambi e pochi meccanici – 10 / 11 in tutto pilota compreso. Credo sia ormai storica la prima fotografia che, se la paragoniamo con l’ultima, possiamo vedere che era 7 volte meno imponente. Siamo andati in Brasile con l’incoscienza della prima volta, dove comunque vada hai fatto bene in quanto a noi mancava ancora l’esperienza. Arrivavamo da una realtà ben diversa, dalla F.2, mentre ora eravamo insieme alla vera storia della F.1, insieme alla Ferrari, Tyrrel, Brabham, Lotus, Williams. Mi piace ricordare ancora oggi la mattina del 5 aprile del 1985 come il momento più bello di tutta la storia Minardi. Quel momento ha rappresentato il coronamento e la partenza di un sogno al tempo stesso”
L’obiettivo per la prima stagione nella massima serie era naturalmente quello di qualificare la vettura giallo-blu numero 29 al gran premio e di portarla il maggior numero di volte al traguardo per poter acquistare l’esperienza necessaria per continuare a migliorarsi e a crescere. Martini riuscì quindi a qualificarsi per 15 gran premi su 16, conquistando un 8° posto in Australia dopo esser partito dalla ventitreesima piazza alle spalle della Tyrrel / Renault di Ivan Capelli per soli 70 centesimi, un 11° in Germania e 12° Belgio. Proprio in Germania il Minardi Team sfiorò i primi punti mondiale quando purtroppo Martini dovette parcheggiare la sua M 185 numero 29 a bordo pista per mancanza di benzina. Solamente al gran premio di Monaco, quarto appuntamento del calendario del 1985, il Team Minardi non riuscì a qualificarsi terminando cosi’ in anticipo il suo fine settimana.
Il Minardi team al gran premio del Brasile sul tracciato di Rio il 5 aprile 1985 – Foto tratta da: Minardi Team F1 di Stefano Pasini, Ed. C.E.L.I. Sport
Alla fine comunque i risultati ottenuti nella stagione di esordio furono più che soddisfacenti, considerando i problemi di sviluppo legati alla monoposto. I legami con la Ferrari erano sempre molto forti, tanto che Enzo Ferrari concesse alla scuderia faentina di provare sulla pista di Fiorano.